LA TRADIZIONE - La dottrina dei teologi papisti


La dottrina dei teologi papisti
La tradizione è parte della rivelazione di Dio e perciò va rispettata al pari della Scrittura.
‘La tradizione è l’inse­gnamento di Gesù Cristo e degli Apostoli, fatto a viva voce, e dalla Chiesa trasmesso fino a noi senza alterazione’;[1] 
Fonti prin­cipali della Tradizione sono i Concilii della Chiesa,[2] i Libri liturgici, gli Atti dei Martiri, le antiche iscrizioni sulle tombe e sui monumenti, le preghiere pubbliche, le opere dei Padri e dei Dottori della Chiesa. – Il titolo di Padri si dà agli Scrittori sacri fino al secolo XII; quello di Dottore si dà tanto ai Padri quanto ad altri Scrittori eminenti, specialmente Santi la cui dottrina é approvata dalla Chiesa e generalmente seguita’.[3]


Quindi, secondo la chiesa papista la loro tradizione è costituita da precetti che Gesù diede a voce ai suoi apostoli, che a loro volta trasmisero a voce ad altri fedeli servitori del Signore che a loro volta sempre oralmente l’hanno fatta pervenire inalterata a loro che sono, secondo loro, la vera e unica chiesa depositaria di tutta la rivelazione divina!

In sostanza la tradizione è parte della rivelazione di Dio e come tale quindi va rispettata al pari della Scrittura: Perardi afferma infatti che ‘noi dobbiamo avere per la dottrina trasmessaci per Tradizione, lo stesso rispetto e la stessa fede che abbiamo per la dottrina della Sacra Scrittura, poiché l’una e l’altra sono verità rivelate da Dio’.[4]
I teologi papisti per sostenere che tutta la loro tradi­zione, benché non sia scritta nella Scrittura, deve essere accet­tata nella stessa maniera in cui è accettata la Scrittura perché anch’essa è stata rivelata da Dio fanno un discorso tutto particolare appoggiandosi a certi passi della Scrittura. Noi adesso vi proporremo questo loro discorso così come lo troviamo nel catechismo del Perardi.

Una sola volta è dichiarata utile la sacra Scrittura, vale a dire quando Paolo dice a Timoteo: “
Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona”.[2 Tim. 3:16,17]

Ma non è dichiarata utile per i fedeli ma ‘per i sacri ministri come aiuto a loro per insegnare, educare e correggere (…) 
Utile e non già necessaria’.[Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376]

Ed ancora: ‘Non solo non si impone mai la lettura della Bibbia, ma si insiste perché si ricordino, si conservino e si tramandino gl’insegnamenti appresi oralmente, che divengono Tradizione viva della Chiesa’,[
Ibid., pag. 376] e cita i seguenti versi della Scrittura per confermare ciò: “Or io vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa, e ritenete i miei insegnamenti quali ve li ho trasmessi”;[1 Cor. 11:2]

Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiam trasmessi sia con la parola, sia con una nostra epistola”;
[
2 Tess. 2:15]

Ordina queste cose e insegnale… Attendi finché io torni, alla lettura, all’esortazio­ne, all’insegnamento… Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose”;
[
1 Tim. 4:11,13,16]

Attienti con fede e con l’amore che è in Cristo Gesù al modello delle sane parole che udisti da me. Custodisci il buon deposito per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi”;
[
2 Tim. 1:13,1]

Tu dunque, figliuol mio, fortificati nella grazia che è in Cristo Gesù, e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci d’insegnarle anche ad altri”.
[
2 Tim. 2:1,2]

E a riguardo di Timoteo il Perardi dice: ‘Timoteo non scrisse le cose udite da S. Paolo, le insegnò secondo l’ordine di lui e le trasmise per tradizione’.
[
Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376]

[1] Giuseppe Perardi, 
op. cit., pag. 375. Il concilio di Trento ha affermato che le tradizioni non scritte ‘raccolte dagli apostoli dalla bocca dello stesso Cristo e dagli stessi apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, tramandate quasi di mano in mano, sono giunte fino a noi’ (Sess. IV, primo decreto).
[2] Per concilio si intende un’assemblea dei prelati della chiesa cattolica, convocati per definire questioni di fede, morale e disciplina ecclesiastica. Anticamente era chiamato anche ‘sinodo’, e secondo il diritto canonico può essere di tre tipi: provinciale, se contempla il raduno dei vescovi ordinari di una sola provincia ecclesiastica; plenario, se accoglie vescovi di più provincie; ecumenico (il termine deriva da una parola greca che significa ‘terra abitata’) o universale, quando l’assemblea è costituita dai ‘vescovi di tutta la chiesa che, convocati dal papa e da lui presieduti (o da un suo legato) deliberano intorno ad affari che interessano l’intera comunità’. A proposito di questi ultimi va detto che i primi sette concili ‘ecumenici’ vale a dire quelli di Nicea I (325), Costantinopoli 1 (381), Efeso (431), Calcedonia (451), Costantinopoli II (553), Costantinopoli III (680-681) e Nicea II (787), furono convocati dall’imperatore e non dal vescovo di Roma e i vescovi di Roma in essi non ricoprivano nessuna posizione di preminenza nei confronti degli altri vescovi. Questi concili sono riconosciuti ‘ecumenici’ sia dalla chiesa cattolica romana che dalla chiesa ortodossa. Gli altri concili ‘ecumenici’ sono quelli di Costantinopoli IV (869-870), Lateranense I (1123), II (1139), III (1179), IV (1215), Lione I (1245) e II (1274), Vienna di Francia (1311-1312), Costanza (1414-1418), Basilea-Ferrara-Firenze (1431-1443), Lateranense V (1512-1517), Trento (1545-1563), Vaticano I (1869-1870), Vaticano II (1962-1965). Questi non sono però riconosciuti come ecumenici dalla chiesa ortodossa ma solo da quella latina. Ci sono però degli storici e teologi papisti che non condividono l’ecumenicità di alcuni di questi.
[3] Ibid., pag. 377. Si tenga presente che la tradizione per la chiesa cattolica romana è necessaria alla salvezza perché come abbiamo visto per essa la Bibbia non contiene tutto ciò che è necessario alla salvezza. Ma si tenga altresì ben presente che gli scritti dei cosiddetti padri, gli atti dei concili, le bolle dei papi formano una serie di centinaia di grossi volumi, il che significa che uno per essere salvato dovrebbe andare a leggersi tutta questa serie di grossi volumi per conoscere la tradizione. Ma il fatto è che ammettendo pure che uno si vada a leggere tutti quei grossi volumi per accertarsi della tradizione alla fine si troverà davanti a ostacoli insormontabili perché troverà, come abbiamo già visto in parte quando abbiamo parlato dei papi e come vedremo fra poco, un mucchio di contraddizioni fra i papi, i cosiddetti padri e i concili, prove queste che la tradizione non si può mettere allo stesso livello della sacra Scrittura.
[4] Ibid., pag. 375-376. Nei fatti però la tradizione è ritenuta superiore alla sacra Scrittura. Ecco per esempio cosa disse il cardinale Baronio: ‘Or la tradizione, essendo la base delle Scritture, se ciò si sconvolge, tutto l’edificio va in rovina. Chi non s’accorge di ciò? Rimanga adunque fermo, e valido, che la Chiesa di Dio, appena fondata, cominciò a riscaldarsi e a propagarsi, non tanto cogli scritti, quanto colle tradizioni apostoliche; e gli stessi fedeli sono obbligati tanto a queste, quanto lo sono a quelle, ma queste, le tradizioni, sopravanzano gli scritti, in modo che gli scritti non possono sussistere senza le tradizioni, mentre le tradizioni hanno fermezza, anche se non vi fossero gli scritti’ (Baronio, Ann. Eccl. Ann. Chr. 53, n° 11). Inoltre va detto che nella chiesa cattolica romana, secondo una bolla di Pio IV, coloro che debbono essere promossi a qualche dignità ecclesiastica devono fare una professione di fede in cui è contenuto questo articolo: ‘Ammetto ed abbraccio fermamente le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche, come pure tutte le osservazioni e costituzioni della santa madre Chiesa…’.


Tratto da:

G.Butindaro, La Chiesa Cattolica Romana
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